MISSIONE OMERO
Siamo partiti dalla frase del filosofo poeta Ludwig Wittgenstein che affermava:
I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo per generare un processo, seguendo un percorso consegnare una visione.
È una proposta per uscire dal palazzo della cultura con progetti alternativi, creando porti dove attraccare l'anima.
Perché abbiamo visto, come Omero, l'avventura della strada e la gioia dell'incontro nelle scuole, nelle piazze, ti fa incontrare le geografie delle paure.
È nostro intento fare esplodere la gioia con il voto di vastità quotidiano, perché siamo ammalati di congiungi-vite. È nostro compito testimoniare la parola, lasciando il testimone.
Riteniamo che la poesia non è mai definitiva, né definisce. La nostra poesia di quartiere, però è servizievole.
Vogliamo raccontare la quotidianità con i miti di un tempo, con
l'Odissea, l'Iliade e Pinocchio
Vogliamo sviluppare luoghi educativi che sono risorse di ragione perché siamo certi che il cambiamento avviene e avverrà dentro le scuole.
Vogliamo contaminare gli ambiti della vita con progetti territoriali. Non siamo scuola di scrittura. Non insegniamo a scrivere rime baciate, alternate ma a leggere ed ascoltare la parola. Divulghiamo educazione allo sguardo e allenamento all'ascolto.
Non si sogna da soli. Il sogno unisce. Da soli si rischia il miraggio.
Abbiamo cambiato il paradigma. La nostra non è una divulgazione ma condivisione della parola servizievole per andare a conoscere le potenzialità di questo nostro tempo.
Non parliamo di poesia dei grandi poeti.
Anzi ne sentiamo a volte, un senso di separazione.
La nostra poesia minore è quella che ha lo scopo di stanare l'ombra dalle paure.
È la poesia che vediamo tutti i giorni accanto a noi:
il cavallo, il cane, il balcone, l'erba, la paura, l'umanità sofferente. Basta saperla riconoscere, come diceva Mario Luzi.
Sappiamo che la poesia è ladra. Ruba un po' di miseria al mondo.
La poesia all'inizio nasce nella strada. Poi si è trasferita nelle Accademie, nelle Università, nei circoli.
Ma ora ritorna nella comunità. Nella nostra comunità. Un paese che non paesa è una comunità che disabita.
Con la poesia la comunità fa manutenzione di sé stessa.
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C'è la bellezza della Cappella Sistina.
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C'è la bellezza che è il sinodo dei colori nei prati.
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C’è la bellezza della nostra parola che diventa un abbraccio.
Tecnicamente, economicamente non conta affatto.
Non è nemmeno quotata in Borsa.
Non è ritenuta importante dalla società.
Ma se pensiamo che la poesia è disegnata, musicata, scritta con le sole regole della bellezza e delle emozioni forse avrebbe maggiore considerazione.
Noi partiamo dalla considerazione che il "bello" è l'unica regola che dà principio al mondo e senso all'universale.
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